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Stop al Caporalato! Protagonisti e testimonianze della tavola rotonda

Incontro al Terminus per discutere di caporalato, legalità, diritti e dignità. Interventi di sindacalisti, politici, magistrati e organi istituzionali. La storia di Ablasse, cittadino "regolare" dal 2008

Ultimo piano dell’Hotel Terminus, ore 9.30 del mattino. Una terrazza che si affaccia sulla città già in pieno fermento, avvolta nell’aria di Napoli che sovrasta la sua stazione, quella stessa stazione in cui arrivano decine di migranti ogni giorno con in tasca solamente la speranza che scesi da quel treno li aspetti un futuro migliore. E una tavola rotonda di cui soprattutto questi migranti sono stati i protagonisti per parlare di caporalato, legalità, diritti e dignità, con uno slogan diretto e chiaro "Uomini, non Caporali!"

Ad aprire la giornata è stato proprio un ragazzo arrivato in Italia (e per l’esattezza qui a Napoli) dall’Africa nel settembre 2001, Ablasse Ilbudò, diventato un cittadino “regolare” solo nel 2008, dopo una lunga storia di sfruttamento e caporalato. Racconta la sua vicenda, Ablasse, sorridendo di cose che in realtà mettono una profonda tristezza e amarezza. Ha girato tanto, fagocitato dal vortice del lavoro sommerso e dello sfruttamento, è stato anche in Calabria, a Rosarno (dove c’è stata la nota rivolta degli immigrati) per la raccolta delle arance, “delle arance così fredde - racconta - che un mio compagno piangeva come un bambino perché gli si gelavano le mani e aveva paura di non farcela e perdere il lavoro”.

Quello di ieri mattina è stato un incontro in cui sindacalisti, lavoratori immigrati e organi delle istituzioni si sono confrontati sul tema del caporalato e dello sfruttamento della manodopera fino quasi alla riduzione in schiavitù, per trovare soluzioni e avanzare proposte concrete per risolvere definitivamente questo grave problema.

A presentare l’evento (promosso da Flai, Fillea e dalla CGIL) è stata Cinzia Massa, coordinatrice regionale Flai del progetto STOP al CAPORALATO (campagna nazionale per una legge contro lo sfruttamento della manodopera). “Parliamo di caporalato, di diritti negati, di nuovi schiavi, di lavoratori immigrati ma anche italiani, di clandestini, sfruttati come manodopera in agricoltura, in edilizia, dai Caporali, persone che assoldano, per conto di imprenditori e in cambio di una “tangente”, braccianti e manovali disoccupati, in nero e sottopagati - dice la dott.ssa Massa - I Caporali si presentano come veri e propri padroni senza legge resi forti da controlli inefficaci o inesistenti. Il reato di caporalato è punito con una sanzione di soli 50 euro, quasi quanto una multa per divieto di sosta”.

Altro tema caldo è stato il rapporto tra caporalato e criminalità organizzata. “Le organizzazioni criminali si trasformano sempre più in imprese, in centri di potere economico-finanziario e detengono spesso il controllo di certe fette di mercato attraverso il sistema dei subappalti – ha spiegato Cinzia Massa – La Flai, la Fillea (che si occupano dei due settori maggiormente colpiti dal fenomeno del caporalato: agricoltura ed edilizia) e la CGIL tutta si muovono oggi nella lotta contro l’illegalità proponendo politiche di prevenzione attraverso un Patto per la Legalità quale strumento di controllo che vogliamo portare all’attenzione del mondo politico, istituzionale e della stampa, ma anche degli stessi lavoratori per costruire una società con più diritti, più libertà e con un maggiore valore etico e morale”. A spiegare come si articola questo Patto per la Legalità sono stati invece il Segretario Generale della Fillea Campania Giovanni Sannino ed il Segr. Gen. Flai Campania Giuseppe Brancaccio. I punti cardine riguardano una stesura di linee guida per la predisposizione dei bandi di gara, la costituzione di un Osservatorio permanente sulla sicurezza e sulla qualità del lavoro, la messa a punto di un sistema efficace e razionale dei controlli, l’adozione di misure volte alla tutela degli immigrati (che restano i più colpiti dallo sfruttamento), l’utilizzo dei beni sequestrati alla camorra e interventi di promozione della cultura della legalità.

Secondo il Segretario Brancaccio “il caporalato risponde all’esigenza dell’imprenditore di avere rapidamente accesso alla manodopera a basso costo e a quella del lavoratore in condizione di forte debolezza di trovare un lavoro, anche se in condizioni estreme. È questa la sua forza. Coadiuvato dalla completa abdicazione dello Stato rispetto al suo ruolo di regolatore e controllore. Questo fenomeno, che riguarda molti lavoratori e in misura maggiore quei migranti clandestini più facilmente ricattabili, si collega a stretto filo con la tratta degli esseri umani gestita dalla criminalità organizzata”. “E’ una battagli di civiltà che dobbiamo fare tutti – ha aggiunto il Segretario Sannino – non si può relegarla a qualche settore produttivo, tocca tutti gli imprenditori, tutti i lavoratori e tutta la società civile oltre che le istituzioni. E il caporalato deve diventare un reato punito con una sanzione equivalente alla pena commessa, non basta una sanzione pecuniaria così esigua a scoraggiare e fermare il fenomeno”.

La discussione, moderata dalla giornalista Antonella Laudisi, si è articolata in maniera molto interessante e tanti sono stati i temi affrontati nei vari interventi: l’Assessore Regionale al Lavoro Severino Nappi ha affermato che si sta lavorando molto in questa direzione in sede regionale e che certamente vanno potenziati i controlli, ma quello che serve soprattutto è ripartire da un quadro normativo più adeguato oltre che da condizioni generali del lavoro migliori di quelle attuali, il Magistrato Nunzio Fragliasso ha posto l’accento sulla vigente legge riguardante il caporalato e sulla effettiva necessità di sanzioni più dure e soprattutto che riguardino la detenzione in carcere (previsto ora solo se lo sfruttamento riguarda i minori) e non la sola ammenda pecuniaria, ma ha posto l’accento anche sulla necessità di garantire l’immunità totale dal reato di clandestinità a chi denuncia una situazione di sfruttamento e di intermediazione illegittima del lavoro per incoraggiare seriamente i lavoratori sfruttati, anche se non in possesso di permesso di soggiorno, a farsi avanti senza paure. La Vice prefetto Gabriella D’Orso (che attualmente si occupa proprio di immigrazione e che già nel ’95 aveva diretto una task force diretta ai controlli nel mondo del sommerso) ha aggiunto che i miglioramenti vanno fatti a tutti i livelli, anche a quello “informativo”, che c’è bisogno di maggiore sintonia tra i vari settori interessati per migliorare e velocizzare i controlli e cita un brano di Camilleri per sottolineare la situazione di profonda crudeltà che è generata da queste forme di sfruttamento che rasentano lo schiavismo. La Senatrice di opposizione Annamaria Carloni ha discusso dell’importanza che sia approvata al Parlamento una legge non semplificata, che tenga conto degli innumerevoli aspetti e distorsioni di questo vergognoso fenomeno e arringa contro una “cultura leghista” che si pone come ostacolo con la demagogia e blocca un processo di sviluppo e reale cambiamento.

“Dove prospera il caporalato non esiste nemmeno l’abc della democrazia – sostiene il Segretario Generale Fillea Napoli, Ciro Nappo – si tratta di un sistema completamente distorto quello in cui l’unica rete di accoglienza di questi nuovi cittadini è costituita dai caporali”. Proprio a queste parole si avvinghia con tenacia e sofferenza la testimonianza di un altro ragazzo africano, del Gambia, in Italia da 25 anni, ma ancora clandestino “Mi sento italiano e ancor di più sento napoletano, ho passato qui il 75% della mia vita, nemmeno ricordo dov’è il Gambia, anche se lì c’è la mia famiglia a cui mando sempre i soldi per aiutarli a sopravvivere, ma lo Stato mi reputa sempre un clandestino, mi reputa nessuno, non un essere umano con dei diritti”.

Le conclusioni arrivano da Gino Rotella, Segretario Nazionale Flai. "Il caporalato è una distorsione sociale, un’anomalia che esiste in pochissimi Paesi e che è frutto della liberalizzazione sfrenata dei mercati attuata negli ultimi 30 anni. La conseguenza della corsa al ribasso per la concorrenza e dell’impossibilità di certi settori di delocalizzare le imprese, che per abbassare i costi sono ricorsi a questo vergognoso fenomeno di collocamento privato, illegale e allo sfruttamento”

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