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Manifesto anti-Mussolini a Via Marina. Il Comune lo oscura

"No luce mio duce", gli artisti Deva e Picardi lanciano una provocazione in 6x3 contro la cripta del dittatore. Poster coperto dopo poche ore. L'installazione nella mostra del Padiglione Italia della Biennale

Con una provocazione in gigantografia gli artisti Sebastiano Deva e Walter Picardi hanno lanciato un messaggio contro il culto di Benito Mussolini, padre del fascismo italiano. Un manifesto 6x3 affisso ieri in Via Marina, di fronte alla facoltà di Giurisprudenza, con al centro il busto del dittatore ed in alto scritta “Nessuna luce mio duce” per chiedere la chiusura immediata al pubblico della cripta Mussolini a Predappio, meta di molti “fan” neofascisti.

Una provocazione, ma anche un’opera d'arte vera e propria: si tratta infatti di un’istallazione facente parte della mostra “Campania senses” (inaugurazione il 28 settembre), inserita nel progetto Padiglione Italia della Biennale di Venezia coordinato da Vittorio Sgarbi ed ospitata dal CAM di Casoria Ma il poster ha avuto vita breve, già nel pomeriggio dal Comune è arrivato l’ordine di coprirlo. I due artisti hanno subito gridato alla censura, ma dall’istituzione si difendono asserendo che in realtà l’autorizzazione richiesta per l’affissione arrecava un contenuto diverso da quello poi apparso sul manifesto.

Sulla sezione cittadina della Repubblica di oggi si possono leggere i commenti di Deva e Picardi, molto delusi da questo gesto censorio: “È una decisione assurda, un errore gravissimo da parte del Comune. Speriamo in un atto dovuto a imperizia piuttosto che a una volontà politica.” I due artisti si dicono sorpresi del fatto che un atteggiamento del genere venga adottato proprio a Napoli, città che ha ricevuto la medaglia d’oro al valor militare per la Resistenza durante le Quattro Giornate (27-30 settembre 1943), in cui grazie ad un’insurrezione civile si decisero le sorti e la fine dell’occupazione partenopea nazista e fascista. Napoli fu la prima tra le grandi città europee ad insorgere contro gli oppressori, essendo poi da esempio per tutte le altre. Un’eredità che va portata avanti con orgoglio, rivendicano Deva e Picardi, soprattutto adesso che c’è un pericoloso ritorno ed avvicinamento della cultura giovanile al pensiero fascista.

Già un’altra opera di Sebastiano Deva aveva suscitato un simile clamore, a marzo infatti aveva affisso al Vomero un cartellone provocatorio con la scritta “Pena di morte per i camorristi”, anche quello subito coperto dall’amministrazione comunale, con l’accusa di essere anche anticostituzionale visto che la nostra costituzione aborrisce la pena capitale.

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